Uscendo dalla chiesa di San Giovanni Evangelista a Ravenna, non tutti, nonostante la straordinaria dimensione, si accorgono della grande tela che sovrasta l’ingresso. Eppure alla fine del Seicento questo dipinto era considerato una delle cose da non perdere nel corso di una visita alla città. Con più di sette metri di base, il quadro raffigura il Convito di Assuero ed è uno dei primi capolavori del pittore ferrarese Carlo Bononi.
Furono i Canonici lateranensi a commissionare l’opera per il refettorio del loro monastero, fra il 1612 e il 1613. Secondo una tradizione più che consolidata a queste date essi scelsero come soggetto uno dei banchetti descritti nell’Antico Testamento, per quella propensione propria del monachesimo a riflettere sugli eventi biblici ed evangelici in tutti i momenti della giornata. Insolitamente, optarono per un episodio raro, tratto dal Libro di Ester: Assuero, durante un banchetto di festeggiamento, manda a chiamare la regina Vasti, sua sposa, che rifiuta di accorrere al suo invito. In seguito a questo provvidenziale antefatto, il sovrano prenderà in moglie l’ebrea Ester, che potrà così salvare il popolo eletto dai complotti del perfido Aman. Nonostante il tema religioso, il quadro esibisce una natura profondamente laica, facendosi specchio dello sfarzo dei banchetti dell’epoca, come sviluppato nella pittura veneta e ferrarese del tempo.
Bononi vi si rivela straordinario regista, capace di orchestrare con sapienza armonica una folla di personaggi su una superficie di dimensioni impressionanti. La sua capacità inventiva dà prova di sé nella fantasmagoria degli oggetti, nella mutevolezza delle pose e nel contrappunto degli accordi cromatici. A questa lingua di grammatica ancora manierista, finalizzata a sorprendere gli astanti e a suscitare ammirazione nei confronti delle doti virtuosistiche dell’autore, Bononi affianca la lezione appresa alla scuola carraccesca, dipingendo nella parte alta del quadro un brano naturalistico di grande freschezza. Il gruppo dei musicisti impegnati ad accordare gli strumenti prima del concerto costituisce infatti un vero e proprio inserto realistico con il sapore della tranche de vie.
Il dipinto di Bononi è stato protagonista di una vicenda sfortunata: trasportato in Duomo, fu gravemente danneggiato nel corso dei bombardamenti del 1944. Sezionato in due parti, fu restaurato fra il 1967 e il 1968 nel laboratorio di Decio e Benito Podio prima di tornare alla propria sede originaria, seppur in collocazione subalterna.
Post a cura di Marcella Culatti