Portami a ballare…

Immerso nel verde della pineta di Milano Marittima, si erge un edificio di pura avanguardia architettonica. Simulacro di tempi felici e lontani, esso conserva un impatto visivo potente ed evocativo.

È il Woodpecker, ex discoteca dalle sembianze avveniristiche. Ma la sua storia non comincia nel folto della vegetazione, tra pini, canneti e acquitrini, bensì nel centro urbano di Milano Marittima, più di settant’anni fa. Il primo Woodpecker Night Club sorge infatti sulla III Traversa nel 1952.

È la famiglia De Maria, ospite a Milano Marittima dal ’37 (forse convinta dal figlio Aurelio, all’epoca studente universitario) a decidere di costruire un locale in grado di competere con i più importanti della riviera. L’intenzione è quella di farne un luogo esclusivo e raffinato, frequentato da una clientela elegante (il costo d’ingresso era tra i più alti dell’epoca: ventimila lire). Nel locale, pensavano i De Maria, gli ospiti sarebbero stati intrattenuti dalla musica di orchestre prestigiose, coccolati da personale altamente qualificato. Ma il Woodpecker ebbe vita breve.

Ben presto, il locale – in una Milano Marittima in piena crescita urbana – cominciò a dare fastidio e a scatenare le lamentele dei residenti. Grazie a un accordo con il Comune di Cervia, De Maria ottenne così la concessione per la costruzione del nuovo Woodpecker, questa volta nell’entroterra di Milano Marittima. Il cambio di location fu l’occasione per costruire il locale da zero. Il progetto della futuristica cupola fu affidato al talento visionario dell’architetto faentino Filippo Monti. Ecco come nacque l’idea per la costruzione del nuovo Woodpecker nelle parole di Aurelio De Maria:

Stavo tornando da Ravenna e nei pressi di Milano Marittima feci caso ad alcuni laghetti. Dissi fra me e me che il nuovo Wooodpecker sarebbe stato sull’acqua. Silvano Collina mi passò il contatto dell’architetto faentino Filippo Monti, che creò un modellino basato sulle mie idee rivoluzionarie. […] Ricordo che andai a Faenza a casa di Monti e mi fece vedere una vaschetta circolare con dentro della carta tagliata a forma di stella e intorno della stagnola, poi su un lato posò un colino capovolto e mi disse: “Questo, Aurelio, è il tuo Woodpecker”… Io accettai con grande entusiasmo.

Cupola in vetroresina © Laura Gramantieri

I lavori, affidati ai Fabbri Ferrai di Forlì, cominciarono nel 1966 e durarono due anni. In barba alle previsioni, la cupola in vetroresina fu collaudata molto tempo prima del termine dei lavori: lo stesso Filippo Monti raccontò che una ditta di barche da corsa ebbe l’incarico di trasportare le enormi falci che dovevano reggere il rivestimento in vetroresina. Nel mezzo dei lavori, scoppiò un tremendo temporale che costrinse gli operai ad abbandonare il cantiere a metà. La tempesta imperversò tutta la notte. L’indomani, tutti si aspettavano di ritrovare la mezza cupola in mezzo al mare. Invece era ancora lì, piantata saldamente a terra. I lavori di innalzamento terminarono il giorno dopo, con tempi impensabili al giorno d’oggi.

La cupola in vetroresina nervata misura sedici metri quadrati e con i suoi archi semiaperti copre la pista da ballo. Con il suo guscio, diviso a spicchi grazie a costoloni in ferro rivestiti da alluminio, all’epoca doveva apparire come un immenso ombrello dorato. In accordo con il progetto visionario del suo ideatore, la cupola emerge al centro di un cratere circondato da un’alta duna, con all’interno una piattaforma in marmo giallo di Siena “ritagliata” a formare dei laghetti artificiali. L’enorme guscio aureo si staglia armonicamente nel paesaggio naturale, in cui disegna una geometria dagli equilibri perfetti. Con l’inaugurazione, avvenuta nel giugno del 1968, il Woodpecker era tornato più meraviglioso che mai.

Ma questo luogo, così avveniristico e suggestivo, ebbe vita breve. Una decina di anni dopo, infatti, un incendio scoppiato nella zona dei bagni causò gravi danni alla struttura, provocando la chiusura definitiva del locale. Da allora, salvo temporanee eccezioni, la struttura è rimasta abbandonata, catturando negli anni l’attenzione di tanti curiosi e ammiratori.

Anche Blu, uno degli street artist più famosi al mondo, non ha saputo resistere al suo fascino e ha realizzato sulle pareti interne della cupola una delle sue opere più belle: un girotondo folle di creature in bianco e nero, un po’ umane, un po’ animali, un po’ macchine che ti osservano con occhi sgranati, tenendosi per mano.

Woodpecker e Blu © Laura Gramantieri

Nel giugno del 2015, dopo 45 anni dalla chiusura, il Magma Modulo Fest riunì sotto la cupola del Woodpecker artisti, musicisti e vecchi clienti, quasi a voler restituire alla memoria collettiva quel luogo. Qualche mese dopo, nel dicembre dello stesso anno, Filippo Monti si spense.

Nel 2018 la Balsera Costruzioni di Riccardo Guerrini si è aggiudicata il bando indetto dal Comune di Cervia per la ristrutturazione e gestione del Woodpecker. Il progetto, a garanzia di qualità e continuità con il passato, sarà curato dal figlio di Filippo Monti.

In attesa di tornare a ballare, magari proprio in questo gioiello architettonico immerso nel verde, facciamolo con la fantasia.

Testo a cura di Valentina Zaffagnini

Immagini di © Laura Gramantieri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.