Al numero 2 di via Zagarelli alle Mura a Ravenna esiste un edificio antico, spoglio ed estremamente sobrio nella sua facciata di mattoni, che costituisce quanto rimane di una delle dimore della potente famiglia dei Da Polenta, signora della città dal 1275 al 1441. Leggenda vuole che proprio in questa casa sia venuta alla luce Francesca, figlia di Guido il Vecchio, andata in moglie, intorno al 1275-1282, a Gian Ciotto Malatesta, padrone della vicina Rimini. L’unione fra i due deve essere stata di breve durata, poiché nel 1286 Gian Ciotto risulta sposato in seconde nozze con la faentina Zambrasina di Tebaldello Zambrasi.
Sono queste le poche notizie storiche e documentate sulla vita di questo personaggio, reso immortale dai versi del V canto dell’Inferno dantesco, dove appare indissolubilmente avvinta all’amato Paolo, eternamente preda del vortice dei lussuriosi a metafora dell’estrema passione che guidò le sue azioni conducendola alla morte. Forse non tutti sanno che è proprio in virtù del testo di Dante, e non di cronache medievali, che noi conosciamo la storia di Francesca, del suo amore sfortunato per il cognato, e della loro uccisione per mano del marito di lei, a vendetta del tradimento subito.
La versione più estesa e dettagliata della vicenda, che vuole Francesca manipolata dalla famiglia per ragioni di stato, e sposata con l’inganno allo storpio Gian Ciotto per procura, mentre le veniva fatto credere di essere destinata al bel Paolo, di cui era già innamorata, si deve alla penna di un altro grande della letteratura trecentesca, Giovanni Boccaccio, che nelle sue Esposizioni sopra la commedia di Dante arricchì la pudica narrazione dantesca di note di colore estrapolate dai plot narrativi dei romanzi cortesi.
E dalla narrazione amplificata di note patetiche di Boccaccio che si diparte la straordinario fortuna dell’eroina ravennate, che tocca il vertice del successo nel corso dell’Ottocento, quando, grazie alla riscoperta di un altro poeta, Francesca raggiunge fama internazionale. È il 1795 quando Francesco Gianni, improvvisatore romano e giacobino in fuga, dedica trentasei strofe alla sua tragica storia, come dono ad una affascinante dama senese, facendo di questa figura femminile la tragica martire del sentimento puro contro gli oscuri e meschini complotti famigliari e politici.
Fra i primi a rilanciare sul piano europeo la nuova immagine del personaggio dantesco Ugo Foscolo, che nel 1819, nel Discorso sul testo della commedia di Dante, dipinge Francesca alla stregua di un novello Ortis, dibattuta nei tormenti del sentimento. Da allora sono centinaia le tragedie, opere liriche e quadri dedicati a questa novella eroina romantica. Fra gli ultimi ci limitiamo a ricordare Fussli, Ingres, Blake, Rodin…
Testo a cura di Marcella Culatti