Studio Luce. Paolo Roversi in mostra al MAR

“Che mostra vuoi fare a Ravenna?”

“La più bella che ho mai fatto”.

Lo scorso 10 ottobre, il Museo d’Arte della città di Ravenna ha inaugurato la mostra “Paolo Roversi – Studio Luce” dedicata all’artista nato a Ravenna nel 1947 e considerato uno dei fotografi di moda di maggior talento e dallo stile più personale e facilmente riconoscibile. Il Mar prosegue, dunque, quel filone legato al mondo della fotografia iniziato nel 2018, con la mostra “Andante” di Alex Majoli, e proseguito, l’anno seguente, con la mostra dedicata a Oliviero Toscani “Più di 50 anni di magnifici fallimenti”.

Questa nuova mostra, curata da Chiara Bardelli Nonino, è un progetto ambizioso e di ampio respiro (quasi 300 immagini) a cui Roversi ha dedicato una grandissima attenzione nell’allestimento, progettazione e scenografia perché era un regalo che voleva fare alla sua città natale, Ravenna. Città che più di ogni altra ha plasmato e forgiato il suo immaginario e il suo linguaggio, “Se non siete mai entrati in San Vitale o nel Mausoleo di Galla Placidia, non conoscete gli abissi e le profondità della bellezza”.

Durante la conferenza stampa di presentazione della mostra, lo scorso 9 ottobre, un Paolo Roversi visibilmente emozionato, parafrasando una poesia di Ungaretti, “Casa mia”, ha sottolineato quanto sia sorprendente che, nonostante sia passato tanto tempo (Roversi vive in Francia da oltre 40 anni), l’amore per la sua casa e la sua terra sia rimasto incredibilmente intatto.

A Ravenna quindi, non altrove, Paolo Roversi voleva presentare la mostra più bella e completa che avesse mai realizzato.

Roversi si avvicina alla fotografia come fotoreporter. L’incontro con la moda è del tutto fortuito a seguito della conoscenza di Peter Knapp, il geniale direttore creativo di Elle Magazine che lo invita a Parigi e lo introduce negli ambienti più idonei in cui esprimere il suo estro e la sua creatività. Roversi segue il consiglio dell’amico e nel 1973 si trasferisce nella capitale francese dove vive e lavora tutt’oggi all’interno del suo atelier, lo Studio Luce di rue Paul Fort, un vero e proprio atelier d’artista, articolato su più piani e caratterizzato da grandi ed ampie vetrate da cui penetra una diffusa luce naturale. Lo Studio che dà anche il nome alla mostra.

La fotografia, per Roversi, è sempre un dialogo tra luce e buio. Come lui stesso scrive in uno dei tanti aforismi che si possono leggere lungo le pareti delle sale della mostra: “La luce si esprime nel buio. La fotografia si disegna su una pagina nera“. Il suo lavoro è fatto di pazienza, di attese. La pazienza, in particolare, è un concetto che lo tocca molto da vicino, gli serve per scavare più a fondo, per graffiare la superficie, per togliere la maschera a cose e persone. I suoi scatti sfruttano l’effetto delle lunghe esposizioni per consentire al soggetto di liberare naturalmente la propria personalità. “Preferisco i tempi di posa molto lunghi per lasciare all’anima il tempo di affiorare”.

Lo studio, non a caso, è l’ambiente che Roversi predilige per fare fotografia, il teatro scarno ed essenziale dove inventare una realtà che non c’è, dove aprire le porte a mondi immaginifici. Lo studio è il palcoscenico in cui vengono messi in scena i desideri e le fantasie del fotografo e, allo stesso tempo, l’energia liberata dal soggetto ritratto.

La macchina preferita da Roversi è la Deardorff, la “regina” delle macchine fotografiche a banco ottico. Una macchina pesante, ingombrante, il cui ambiente ideale è inevitabilmente lo studio. La fotografia realizzata con questo strumento ha bisogno di lunghe esposizioni e di un ritmo di lavoro particolarmente lento. Questo tempo così diluito è quello che meglio permette al fotografo  di entrare in relazione con il soggetto perché la fotografia è sempre un dialogo, è uno scambio in cui si dà e in cui si riceve qualcosa: “Alla fine la fotografia è solo una questione d’amore”.

Ecco perché i suoi ritratti risultano così intimi e al tempo stesso così intensi ed espressivi, collocandosi tra presente e passato, tra classicità e modernità. “Tutto è ritratto e tutto è autobiografico. Ogni ritratto è un incontro, un’intima confessione”.

Roos, Paris 2017 (for the “Dior Images : Paolo Roversi” book and Vogue Australia) © Paolo Roversi

Sia che ritragga una persona, sia che ritragga un oggetto o un paesaggio,  l’obiettivo di Roversi è sempre quello di entrare in connessione con ciò che rappresenta per rivelare qualcosa altrimenti invisibile agli occhi. “Mi piace isolare il mio soggetto e collocarlo al centro del mondo” per poterlo sublimare, rendendolo unico.

Perché il suo stile risulta così riconoscibile? Perché Paolo Roversi è anche il fotografo che tra i primi ha utilizzato il grande formato Polaroid aprendo la strada a nuove sperimentazioni. La Polaroid negli anni Settanta e Ottanta andava molto di moda perché consentiva di vedere subito i risultati di uno scatto senza dover aspettare i lunghi tempi della camera oscura, e ciò era qualcosa di assolutamente innovativo e rivoluzionario. La Polaroid è un’immagine che emerge dalle tenebre come per magia.

La capacità di Roversi di “dipingere con la luce”, unita al sapiente utilizzo delle lastre Polaroid in grande formato, rende i colori delle sue immagini contrastanti e quasi innaturali, creando un mondo stilisticamente sospeso tra reale e immaginario. Questo è il motivo per cui le sue immagini sembrano avvolte da una strana opalescenza, da un’atmosfera surreale, quasi onirica, che le rende uniche e assolutamente riconoscibili.

L’allestimento si articola sui tre piani espositivi del Mar, si parte dal piano terra, dalla dimensione più intima dello Studio dell’artista, poi si approda al primo piano dedicato alla figura della Musa, in omaggio all’anno dantesco, e si conclude al secondo piano dedicato al mondo spettacolare e immaginifico della moda in cui si possono ammirare anche gli scatti realizzati per l’ultimo Calendario Pirelli, Looking for Juliet. Paolo Roversi può, infatti, vantarsi di essere il primo fotografo italiano ad aver scattato per questo prestigioso progetto, nato nel lontano 1963.

Una mostra che piacerà non soltanto agli appassionati di fotografia o di moda ma a tutti coloro che amano il bello in tutte le sue forme e declinazioni, perché il lavoro di questo grande artista è dedicato alla bellezza, all’eleganza, allo stile e alla ricerca dell’armonia.

Una mostra assolutamente da non perdere che ci auguriamo riapra quanto prima perché ci sentiamo tutti un po’ orfani senza i nostri musei.

E se vorrete farvi un regalo, visitatela con noi!

 

“Sorpresa

dopo tanto

d’un amore

 

Credevo di averlo sparpagliato

per il mondo”

Giuseppe Ungaretti

Info mostra:

PAOLO ROVERSI – STUDIO LUCE

Mar – Museo d’Arte della città di Ravenna

10 ottobre 2020 – 10 gennaio 2021

Foto di copertina: Corner, Paris 2002 © Paolo Roversi

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