Viaggiatori per antonomasia, i Magi sono presenti nell’immaginario collettivo con una sontuosità e capillarità notevolissime. Misteriosi e regali, di una lontananza e di una estraneità emblematiche, si sono prestati a moltissime interpretazioni.
In Occidente li ritroviamo nella rappresentazione della prima venuta di Cristo bambino, che è il presepio, e il loro corteo, per gli artisti come per gli artigiani, è stata l’occasione per sbizzarrirsi in creazioni che li hanno fissati nell’immaginario come i “lontani” per eccellenza. Come del resto essi erano. I Magi lessero i segni del cielo e si misero in cammino, si misero in viaggio dall’Oriente, come possiamo leggere nel Vangelo di Matteo.
“Dopo la sua nascita arrivarono a Gerusalemme alcuni uomini sapienti che venivano dall’Oriente”
Le più antiche rappresentazioni dei Magi sono quelle delle catacombe cristiane di Roma, in particolare quella proveniente dalla Cappella greca della Catacomba di Priscilla, pittura datata alla metà del III secolo. La scena è molto semplice, comprende soltanto la Madonna col Bambino e i tre Magi.
“Essi entrarono in quella casa e videro il bambino e sua madre, Maria”
Nelle prime raffigurazioni il numero dei Magi non è ancora fisso, in altre catacombe romane, qualche volta troviamo la raffigurazione di due o quattro Magi, per scrupolo di simmetria, oppure di tre aderendo così al testo di Matteo che non menziona mai il loro numero ma parla di tre doni.
“Poi aprirono i bagagli e gli offrirono regali: oro, incenso e mirra”
I doni dei Magi sono insieme simbolici e profetici e si riferiscono alla persona cui sono offerti, della quale indicano la natura umana (la mirra era un unguento usato dagli antichi per l’imbalsamazione); la natura divina (l’incenso era riservato alle divinità); la regalità senza fine (l’oro era l’omaggio per i re).
In tutte queste immagini i Magi sono vestiti di una tunica corta, di un mantello ondeggiante, di “anassiridi” (pantaloni aderenti alla caviglia), indossano alti calzari e in testa recano il berretto frigio; sono conformi alla rappresentazione classica degli orientali, in particolare a quella del dio persiano Mitra.
Nei primi secoli cristiani, inoltre, i Magi sono senza barba e hanno tutti lo stesso atteggiamento che indica un’andatura veloce. Recano i loro doni su di un semplice piatto tondeggiante e, a volte, le mani sono coperte da un lembo del mantello. Rito molto antico di origine persiana che segna l’estremo desiderio di purezza.
In queste prime rappresentazioni, Gesù viene sempre rappresentato come un bambino di circa due anni, in piedi o seduto, vestito di una tunica corta, in atto di benedire o stendere le mani verso gli astanti.
Il motivo della stella appare fin dal III secolo e si alterna con il Chrismon che inizialmente veniva spesso rappresentato sopra la Madonna col bambino.
“In Oriente abbiamo visto la sua stella e siamo venuti qui per adorarlo”.
“In viaggio, apparve ancora a quei sapienti la stella che avevano visto in Oriente, ed essi furono pieni di grandissima gioia. La stella si muoveva davanti a loro fino a quando non arrivò sopra la casa dove si trovava il bambino. Là si fermò”.
Ravenna è una città ricchissima di raffigurazioni dei Magi, sia in mosaico sia in scultura.
Sicuramente i più noti sono quelli lungo la parete sinistra della basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Risalgono all’età giustinianea, e si datano al 561-569 d.C. In questo mosaico, dai colori particolarmente vividi, i Magi sono vestiti con il caratteristico costume persiano, due di loro hanno le mani velate e sono in cammino verso il Bambino seguendo una stella a otto punte. I nomi scritti sopra i personaggi sono stati aggiunti in seguito, così come altre modifiche, in particolare la barba (elemento di origine orientale che permette di distinguere le tre età della vita).
All’interno della chiesa di San Vitale i Magi sono presenti in ben due raffigurazioni: in un dettaglio della clamide di Teodora, nel famosissimo pannello musivo della parete destra dell’abside (secolo VI), e nel sarcofago dell’esarca Isacio collocato nell’ambulacro, datato all’inizio del V secolo.
Nel pannello che ritrae Teodora nell’atto dell’offerta del calice destinato al sacrificio della Messa, l’imperatrice indossa una lussuosa clamide di porpora sul cui lembo inferiore, ricamati in tessere d’oro, spiccano i Magi la cui presenza in questo contesto è duplice: da un lato vuole ribadire il concetto dell’offerta (oblatio) presente in entrambi i pannelli imperiali (dalla parte opposta l’imperatore Giustiniano offre la patena contenente il pane) e nell’intero complesso musivo del presbiterio, come infatti i Magi portarono i loro doni al Bambino Gesù, così oggi gli imperatori offrono doni al Re dell’Universo raffigurato nel catino dell’abside. Dall’altro lato, ribadiscono che Teodora adora Cristo come vero uomo e come vero Dio, secondo il credo ortodosso delle due nature, umana e divina, e non solo come Dio, secondo il credo monofisita che effettivamente Teodora seguì e favorì.
Un’ultima raffigurazione dei Magi, a Ravenna, la si trova in un piccolo reliquiario conservato al Museo Arcivescovile, si tratta della cosiddetta capsella dei Santi Quirico e Giulitta, datata al V secolo. Questa piccola urna in marmo conservava, secondo la tradizione, le reliquie dei Santi Giulitta e Quirico, madre e figlio, martirizzati a Tarso agli inizi del IV secolo e, il secolo successivo, trasferite a Ravenna dal vescovo Germano e donate all’imperatrice Galla Placidia che le collocò all’interno della chiesa di San Giovanni Battista. Lungo uno dei lati lunghi del reliquiario, appare l’Adorazione dei Magi. I Magi che offrono i doni al Bambino rimandano a un profondo messaggio teologico, esplicita testimonianza del credo ortodosso che vuole Gesù, vero Dio e vero uomo: “I tre doni preziosi contengono in sé i misteri divini, e cioè l’oro significa il potere regale, l’incenso la figura sacerdotale, la mirra la morte, per mostrare in tutto questo che è lui che ha preso su di sé le iniquità degli uomini, cioè Cristo”.
In generale il “dono” ha due aspetti, quello che mette in evidenza colui che lo riceve, e quello che mette in evidenza colui che lo offre. In ogni caso stabilisce una relazione privilegiata: è cosa mia che offro a un altro perché ne disponga. È un quindi un affidarsi totale, un riconoscersi dipendenti in tutto. È il segno della conversione. Per un altro aspetto, il dono accettato sigilla una nuova familiarità: colui che accetta il dono chiama gli offerenti a partecipare alla sua vita. Gesù accetta il dono e chiama così i Magi a partecipare alla sua vita divina.
Comunque la si chiami la festa dei Magi, Adorazione o Epifania, sintetizza e sostituisce tutto il ciclo cristologico perché l’omaggio di questi non ebrei sottolinea che l’Incarnazione e la Redenzione, ovvero la salvezza, sono destinati a tutti gli uomini.
Quanta strada abbiamo fatto seguendo i Magi.
Oggi anche noi, come loro, siamo in cammino, alla ricerca di un tempo nuovo e migliore.
A questo punto non ci resta che augurarvi un buon cammino e un buon anno!